La recente ordinanza 66 emessa dal Sindaco Luigi De Mossi ha suscitato in città commenti per lo più negativi. L’allarme dei senesi contradaioli si basa soprattutto sui titoloni ad effetto che i giornali si sono divertiti a realizzare: “Niente canti offensivi o inni storpiati” ha titolato “La Nazione” ieri mattina. Detto così ci sarebbe di che arrabbiarsi. Ma la questione non è esattamente questa. Occorre fare diversi passi indietro per capire come il Sindaco (che già ha dimostrato una certa severità nel far rispettare le regole) è giunto, nel giro di un anno, a decidere questa ordinanza.
Innanzitutto basterebbe non fermarsi sui titoli dei giornali e andarsi a leggere quello che dice la “scandalosa” ordinanza che non fa altro che mettere per scritto quello che fino ad ora si basava su accordi presi dai Priori di Contrade rivali nelle stanze Comunali, alla presenza, appunto, del Sindaco. La pratica di certi accordi prima verbali, poi anche scritti, ma pur sempre originati come “gentlemen’s agreement”, e poi divenuti sempre più rilevanti, vanno avanti da almeno trent’anni. Lo sanno bene quei contradaioli interessati che ogni anno nelle rispettive assemblee ascoltano “la ramanzina” del Priore di turno che li avverte sul comportamento da tenere nei giorni di Palio, in base alle promesse fatte al Sindaco ed al Priore della Contrada rivale. Accordi che riguardano soprattutto, orari e modalità di attraversamento del territorio rivale in occasione dell’accompagnamento del cavallo per le Prove in Piazza del Campo. Ispettori di pista e Deputati della Festa si dividono per controllare che tutto si svolga con le modalità previste. Pochissimi i casi di intervento fino ad oggi. Ma nel luglio scorso la questione è tornata alla ribalta quando la Nobile Contrada dell’Oca si era vista colpita da una censura per “per la responsabilità diretta della Contrada nell’atteggiamento tenuto dai propri contradaioli in occasione dell’assegnazione del cavallo, per aver disatteso gli accordi, del giugno 2013, intercorsi con la Contrada rivale della Torre“. L’Oca si difese dicendo che “sanzioni disciplinari irrogate dal Comune non possono che attenersi alle disposizioni regolamentari, senza analizzare eventuali violazioni di accordi privati tra Contrade”. Tali accordi secondo la Contrada di Fontebranda erano “mere dichiarazioni di intenti” e che anche la Contrada rivale, nel passato si era contraddistinta nella stessa violazione.
La Giunta analizzando il ricorso conferma la sanzione di una censura e dichiara:
1a) è giusto che, nella loro autonomia, sia l’AD che il presente organo amministrativo, analizzino tutte quelle forme, riconosciute da entrambe le parti, costituite dagli accordi che, contrariamente a quanto sostenuto dall’Oca, costituiscono un evidente argine per far sì che le disposizioni impartite dai rispettivi dirigenti, atte ad evitare ogni criticità, possano garantire la non attivazione delle segnalazioni contenute nell’art. 97; 1b) gli accordi stipulati tra Contrade rivali hanno una valenza importante, come lo stesso AD ha avuto modo di sottolineare, proprio in occasione dell’attuale proposta di sanzione, e devono costituire un passaggio di “efficacia obbligatoria” per consentire quanto riportato nel punto precedente;
E’ bene ricordare che l’articolo 97 del Regolamento del Palio tirato in ballo sia dall’Oca che dalla Giunta prevede sanzioni anche se non inserite nel Regolamento “per mancanze che abbiamo recato pregiudizio, o danno, alla preparazione, allo svolgimento o al decoro del Palio”.
Secondo la Giunta disattendere gli accordi con l’avversaria rientra pienamente nello spirito regolamentare. Oltretutto è bene ricordare che, pur non facendo parte del Regolamento del Palio, ci sono diverse norme che vi rientrano a pieno titolo. La più importante, tanto per fare un esempio è il protocollo di selezione dei cavalli o la norma di interpretazione della rincorsa, con i vari richiami del mossiere (che nel regolamento non ci sono ma che poi fanno parte integrante della relazione finale del Mossiere e quindi hanno valore ai fini delle sanzioni).
Con l’ordinanza 66 il Sindaco ha definitivamente messo fine al balletto di scuse che le Contrade rivali inscenavano quando le cose non filavano lisce: “Ma allora… loro avevano detto..” ” Lo scorso anno però anche loro fecero…” etc. etc.
Oltretutto non si capisce come sia possibile far intervenire gli Ispettori di Pista e i Deputati se poi non si allega tutta la relazione negli atti finali. Potrebbero benissimo stare in un bar a prendersi un aperitivo, tanto, qualsiasi cosa succeda, non può essere sanzionata.
La famosa autoregolamentazione è una definizione che piace tanto finchè non è il momento di applicarla per se stessi. Avete mai sentito dire ad una Contrada “è vero ci siamo sbagliati, dovevamo comportarci diversamente”? No. Non succede mai. Ma anche questo fa parte del gioco e della naturale faziosità della nostra Festa. Ma per chi deve tutelare il Palio e far rispettare anche certi accordi la questione è diversa. Senza lo spauracchio di una seppure labile sanzione come la “censura” (che difficilmente porta ad una squalifica) tutti gli accordi verbali o scritti che siano rimarrebbero appunto “mere dichiarazioni di intenti”.
Quindi, tornando al titolone de “La Nazione”, nulla è cambiato, sberleffi e canti sono sempre ammessi, ci mancherebbe altro, ma in determinate e isolate circostanze occorre avere rispetto dell’avversaria. Non mi sembra che sia un concetto fuori dalla tradizione.
Giovanni Gigli