Alla fine, il malessere contradaiolo è venuto fuori con un manifesto pubblico, un modo molto popolare e tradizionale di espressione. Il manifesto ha sempre rappresentato un forma di comunicazione di una società legata (per fortuna) ad una forma espressiva senza intermediazioni: diretta, chiara e trasparente.
Il contenuto del famoso manifesto della Nobile Contrada dell’Aquila, ormai noto ai più, non può che essere condiviso da tutti: sensazione di disagio nel riappropriarsi degli spazi cittadini (vedi l’incidente durante il Giro) ed un richiamo, o meglio, una ri-affermazione della volontà “di ricominciare a scandire le stagioni con i riti della nostra Festa, altrimenti rischiamo di diventare esclusivamente circoli ricreativi e non più Contrade, perdendo i valori che un tale vocabolo sottintende”. Di seguito, inoltre, si esprime il concetto di arrivare a questo obbiettivo nel 2022 con l’unità di tutte le Contrade, del Magistrato e dell’Amministrazione Comunale.
Possiamo definire questo messaggio che esprime un disagio comune a tutti e che richiama all’unità cittadina, un atto di “sovversione”? Impossibile. Eppure il Magistrato, il rettore Rossi, è riuscito nella difficile impresa di criticarne la forma, con un duro controcomunicato nel quale “si esprimono stupore e contrarietà verso la modalità di comunicazione scelta dalla suddetta Contrada, in quanto ritengono che singole esternazioni rendano meno efficace ogni e qualsivoglia presa di posizione che interessi tutte le Consorelle”.
Dunque il Magistrato (ad eccezione dell’Aquila naturalmente) crede che sia dannoso per gli interessi delle Contrade una tale iniziativa, ribadendo ” il proprio ruolo esclusivo di tutela dell’interesse collettivo delle Contrade nei rapporti con le Autorità”. E la domanda viene spontanea: ma dove è scritto che l’Aquila vuole assumersi il ruolo di tutela del Palio nei rapporti con le Autorità? Anzi, è affermato proprio il contrario.
E quindi adesso che succede? Forse ogni qual volta che una Contrada, in una libera Assemblea decide di esternare una riflessione sul Palio, Siena e le Contrade deve chiedere il permesso al Magistrato? Stiamo scherzando?
Forse è tale la debolezza politica del Magistrato di incidere nelle decisioni cittadine riguardanti il Palio e le altre manifestazioni contradaiole, dimostrata ampiamente durante tutta la pandemia, ponendosi sempre in una posizione di accondiscendente passività con il Sindaco, che una presa di posizione legittima di una Contrada può dare fastidio.
Forse sarebbe stato meglio che un simile manifesto l’avesse scritto il Magistrato; sarebbe stato un riconnettersi con i popoli delle Contrade, i cui malumori nei confronti dell’ente intercontradaiolo sono palpabili, anche se mai espressi pubblicamente. Bisognerebbe, a questo punto, sapere con quale indipendenza può agire il Magistrato nei confronti delle cosiddette autorità quando vi sono al suo interno ben quattro Priori nominati in enti pubblici.
E qui si potrebbe discutere ampiamente sul rapporto tra Contrade, politica ed autonomia. Ma evidentemente non fa comodo a nessuno. Meno che mai al Magistrato delle Contrade.
Giovanni Gigli
(da “La Voce del Campo” del 28/10/2021)