Non me ne vogliano i miei amici Mapi e Maurizio Bianchini e tutti i contradaioli del Drago, ma per me il cavallo dell’anno è Remorex. Così come se mi chiedessero di assegnare la “Palma d’Oro” del cavallo del secolo scorso io non la darei nè a Folco, nè a Panezio, nè a Urbino. Per me il cavallo del secolo è Benito con la sua vittoria nel Palio del 16 agosto 1989. Una corsa leggendaria che ho visto e rivisto in continuazione, più di un Palio vinto dalla mia Contrada. Si tratta di un’impresa che può dare l’immortalità eterna della fama ad un cavallo, come lo è stato per Bucefalo, Ronzinante o Xanthos e Balios i cavalli di Achille.
Il biondo Remorex (classe 2010 come Rocco Nice), è stato protagonista di uno di quei Palii che ti fanno credere che la nostra Festa abbia realmente elementi legati al mito, al destino, grazie alla capacità di un cavallo scosso di farsi carico di tutte le responsabilità che la Contrada gli ha assegnato. Nella sua caparbietà di mantenere la testa, chiudendo i varchi agli avversari e avvertendoli con sguardi minacciosi, il contradaiolo immagina che il proprio stato d’animo sia stato magicamente traslato nello spirito del cavallo, e che lotti per lo stesso ideale di vittoria. Quella sua andatura, a tratti scomposta quando non sente nessuno vicino, ma che improvvisamente riacquista energia all’approsimarsi di coloro che vorrebbero dargli battaglia, racchiude qualcosa di beffardo e furente allo stesso tempo. Al bandierino dell’arrivo sembra guardare i fotografi e fare un sorriso ironico quasi a dire: “Ero il decimo cavallo vero? Non credevate in me, ed invece sono qui, ho vinto!”. Eh sì, perchè Remorex dopo 6 tratte nelle quali era stato scartato, non si presentava di certo con le credenziali del cavallo vincente. Nessun popolo avrebbe esultato per quella sconosciuta brenna allenata da Massimo Columbu. Nessun fantino avrebbe fatto carte false pur di montarlo. Nessun Capitano lo aveva sognato la notte prima. Altri erano i cavalli da sognare, quelli che gli espertoni segnalano mettendo in luce tutte le caratteristiche tecniche, come se il Palio fosse una corsa ippica qualsiasi. E invece Remorex ha dimostrato che il Palio è un’altra cosa. Non rientra nella normale dimensione di un evento sportivo qualsiasi.
Inutile tentare di decifrarlo attraverso improbabili pagelle da assegnare al nobile protagonista. Il Palio è un’esperienza dell’anima, il vissuto di un anno, le gioie, gli affetti i dolori di tutti i contradaioli che sono distillati in quel minuto e venti secondi finali, affidati ad un cavallo ed un fantino. E questo soffio, questa sostanza incorporea, è parso a tutti che fosse stata incarnata nei muscoli e nella testa di Remorex. E proprio in questo momento, nel quale il Palio vive l’umiliazione delle offese di tanti animalisti, come non entusiasmarsi nella corsa di un cavallo che sfida il destino e scandalizza una società anestetizzata dal conformismo che rifiuta le liturgie, il mito dell’eroe classico, la sfida tra la vita e la morte? La criniera dorata dello scosso Remorex splende sopra le cattiverie di chi non vuol capire l’esigenza umana di ricercare nella corsa di un cavallo un’estasi indefinibile, il sublime e la gloria che solo nei canti omerici possiamo ancora ritrovare. Ed è per tutto questo che Remorex, nel cui nome è ripetuta due volte la parola “Re”, per me è il cavallo dell’anno.
Giovanni Gigli