Alla fine qualcosa si muove. Per la prima volta la stampa senese, sulla cui libera espressione di idee si potrebbe parlare a lungo, si pone un dubbio: “Ma (questa) TV fa bene alla Festa?”. L’articolo è pubblicato su “Il Palio, i giorni della Festa” del 16 agosto 2009 e porta la firma del più attento e indipendente dei giornalisti locali insieme a Pino Di Blasio ovvero Orlando Pacchiani. L’articolo prende spunto dai due “scivoloni” estivi della Rai: l’interruzione della diretta di luglio e l’abbinamento di immagini del Palio a corredo di un servizio sulla nuova normativa contro i maltrattamenti agli animali. Infatti, mentre noi festeggiavamo da matti la vittoria di luglio strafregandosi bellamente di tutto quello che ci succedeva intorno (giustamente), i due infortuni televisivi hanno causato all’interno della nostra città vivaci proteste da parte del Sindaco, del Consorzio per la Tutela del Palio e causato anche interrogazioni parlamentari da parte degli Onorevoli Ceccuzzi e Cenni. Proteste, inutile dirlo, che non hanno portato a niente.
Apro una lunga parentesi. Personalmente trovo abbastanza sterile la protesta sull’interruzione della diretta televisiva del Palio di luglio. Come riferisce la Rai in risposta dell’interrogazione di Ceccuzzi e Cenni, nel momento in cui la diretta del Palio, a causa del ritardo della mossa, doveva essere trasferita su altra rete, la situazione era questa: su Rai 1 c’era il TG1 e su Rai 2 la telenovela “Agrodolce”. Ma davvero noi senesi crediamo che, per il resto del mondo esterno, il Palio sia così importante come per noi?. Ma davvero abbiamo la percezione che l’attenzione verso il Palio di Siena sia universale come il calcio o la formula 1? Se qualcuno tra la classe dirigente senese pensa queste cose, c’è da preoccuparsi per il futuro della gestione dei diritti tv del Palio. Provo a immaginarmi la scena. E’ il momento di trasferire il Palio su altra rete. Su Rai 1 come detto c’è il Tg1. Ecco cosa succede. Tiziana Ferrario, la conduttrice, annuncia, faccio un esempio, un servizio sulla rinuione del PD al Lingotto (in quei giorni c’era) ma improvvisamente, mentre parla Veltroni o Bersani il servizio viene interrotto perché tutti devono vedere il Drago che non entra e Salasso in confusione. E’ ipotizzabile uno scenario del genere? Su Rai2 invece è in corso la fiction “Agrodolce”, quel genere di trasmissioni tipo “Un posto al sole”che piacciano tanto all’italiano medio per rincoglionirsi meglio. La soap è costata “solo” 24 milioni di euro (di cui 12 pubblici) e davvero crediamo che possa bastare il Tittia che non parte, per interromperla? Mah! Dobbiamo fare le interrogazioni parlamentari per queste cose? Mah! Chiusa parentesi.
Orlando Pacchiani nell’articolo in questione si domanda “Se davvero l’unicità e l’eccezionalità del Palio non sono colte fino in fondo dalla tv di Stato, che legittimamente preferisce ragionare in altri termini rispettando criteri economici, perché non mettere in discussione la concessione della diretta?” Finalmente si insinua il dubbio anche da parte della carta stampata senese. E’ la prima volta e speriamo che non sia l’ultima. Il dubbio ad alcune persone – diciamo almeno a due popoli di Contrada – era già venuto da tempo e non certo per il semplice fatto che la Rai fa la Rai, vale a dire obbedisce solo ad istanze politiche ed ove queste manchino ad istanze economiche e non secondo il rispetto di feste uniche ed eccezionali neanche a fronte di contratti sottoscritti (perchè non proviamo a fargli causa? Ah! buona questa!). Non mi sembra un comportamento tanto strano. Strani siamo noi nel volerci ostinare a mantenere “l’evento Palio” nell’ambito della tv generalista ormai diventato un contenitore di programmi di bassa qualità e dubbio gusto, il cui telespettatore abituale è totalmente privo dell’adeguata preparazione culturale per recepire anche solo una parte del messaggio “Palio” così come lo intendiamo noi. Abbiamo trasmesso ore ed ore di servizi speciali sui valori della nostra Festa. Siamo intervenuti direttamente attraverso interviste, abbiamo detto e ridetto migliaia di volte che qui i cavalli sono trattati bene, che gli vogliamo bene, che abbiamo anche un pensionario e una clinica privata, che il Palio è solo un gioco a cui partecipano 17 popoli che svolgono una importante funzione sociale durante tutto l’anno. Abbiamo cercato di far passare il messaggio in tutti i santi modi, ed alla fine che cosa abbiamo ottenuto? Che proprio coloro ai quali abbiamo affidato il messaggio sono i primi a mettere le immagini di infortuni della corsa a corredo di una legge nazionale anti maltrattatamenti, causata dagli incidenti di una corsa che si svolge in un paesino della Sardegna. Bel risultato. Sarebbe l’ora di prendere atto con onestà di questo fallimento mediatico anche perché come ha detto, e vale la pena di ripeterlo, il più competente critico televisivo italiano Aldo Grasso, “il Palio è un evento antitelevisisivo, perché ci ostiniamo a trasmetterlo?”. Pensieri di questo tipo stanno prendendo sempre più piede (ma non ci preoccupiamo, mi raccomando). Il fallimento del nostro approccio pedagogico del Palio in tv è testimoniato, infatti, anche da un corsivo di questa estate a firma di Roberto Levi, critico tv per “il Giornale”. Scrive Levi: “A questo proposito, e pur con tutto il rispetto per i commentatori, non è che perderemmo granchè se privati della telecronaca del Palio: ogni volta sentiamo raccontare gli stessi retroscena, le solite dietrologie e manfrine sugli usi e costumi di questa tradizione, come se gli spettatori fossero dei neofiti di questo avvenimento o dei ripetenti che non hanno ben capito cosa hanno di fronte e devono essere costretti a ore ed ore di ripetizione e di debito formativo per poterne penetrare i segreti. La misura sembra davvero colma, a meno di non voler essere masochisti”. Possiamo dargli torto? Possiamo concepire un altro spettacolo tv che tutte le volte ripete le regole, i passaggi, le dietrologie come le chiama Levi? Possiamo immaginare una partita di calcio dove ore prima del calcio d’inizio, ti ripetono tutte le regole, come sono nate, perché esiste il calcio, quanto è bella questa tradizione sportiva nata in Inghilterra etc. etc? No. Non sarebbe ipotizzabile. Ancora a Siena, nonostante sia una città con giornalisti e mezzi di comunicazioni sproporzionati rispetto agli abitanti, ed avente sede una facoltà di Scienze della Comunicazione, non abbiamo ancora capito come funziona il messaggio televisivo. Continuamo a proporre il Palio nello stesso modo con gli stessi argomenti da circa trent’anni, quando invece in questo arco di tempo, i mezzi di comunicazione si sono trasformati enormemente, come si è modificato l’atteggiamento del pubblico fruitore di questi mezzi. Ma perché Ecclestone patron della Fomula 1, può dire impunemente che la morte di Senna ha fatto bene a questo sport e il Sindaco di Siena non dice (e non lo direbbe mai) che la morte di un cavallo ha fatto bene al Palio? Perché la Formula 1 è un patrimonio intoccabile dello spettacolo televisivo, fa parte integrante del business industriale e non potrebbe e il dramma della morte di un protagonista si trasforma in evento pubblicitario positivo e si arriva anche ad ammetterlo pubblicamente. Il Palio, al contrario è solo un nostro patrimonio e, come già detto è l’evento più antitelevisivo che esista. Non è “blindato” come la Formula 1. Si avventura nella tv con l’incertezza di un boy scout nell’amazzonia. Deve sempre sperare che non succeda niente. E che nel Palio non succeda mai niente io, davvero non me lo auguro per niente. Siamo arrivati addirittura al paradosso, per ciò che concerne “l’evento incidente”, che a noi danneggia fortemente anche la morte di un cavallo di un paesino a 700 km. di distanza da Siena. Sarebbe visto come un pazzo chiunque chiedesse la chiusura della Formula 1 a causa di un incidente mortale in un rally locale. Ed invece il Palio, per tutto il mondo, è solo ed esclusivamente una corsa di cavalli, che oltretutto non muove sponsor o business internazionali. Non sarà certo il servizio propedeutico prima della corsa a far cambiare quest’idea. Ma noi continuamo ad avventurarci nella giungla con zainetto e fionda.
Giovanni Gigli